FARMACIA - EVOLUZIONE STORICA DELLA LEGISLAZIONE IN MATERIA DI FARMACIE
EVOLUZIONE STORICA DELLA LEGISLAZIONE IN MATERIA DI FARMACIE
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RIFORMA CRISPI (L. 22 dicembre 1888)
Centralizzazione delle funzioni di vigilanza e d'autorizzazione in materia, riaffermazione del principio del libero esercizio della farmacia.
La farmacia si configura come un bene patrimoniale privato, liberamente trasferibile come qualsiasi altro, anche a non farmacisti, poteva essere aperta senza vincoli e limitazioni territoriali, con il solo obbligo della direzione responsabile di un farmacista, non necessariamente titolare o proprietario della medesima.
RIFORMA GIOLITTI (1913)
Il processo di riordinamento legislativo parte nel 1913 e si conclude nel 1934 con l'approvazione del Testo Unico delle Leggi Sanitarie n. 1265 del 27 luglio 1934
Nella riforma Giolitti si afferma il principio che l'assistenza farmaceutica alla popolazione, e quindi l'esercizio della farmacia, è un'attività primaria dello Stato, esercitata direttamente dallo stesso attraverso gli Enti locali (comuni), oppure delegata a privati per l'esercizio, in regime di concessione governativa.
Ne conseguiva che la farmacia, giacché concessione governativa ad personam, non poteva essere né comprata, né venduta, né trasferita per successione o a qualsiasi altro titolo.
La titolarità poteva essere conseguita esclusivamente per concorso pubblico, espletato sulla base dei soli titoli di carriera e di servizio dei partecipanti.
La concessione durava quanto la vita del titolare, e poteva essere revocata in qualsiasi momento nelle ipotesi previste dalla legge.
Il titolare di farmacia pur rimanendo un privato, era legato da un rapporto di subordinazione speciale alla pubblica Amministrazione sanitaria, che aveva ogni facoltà di imporre obblighi, adempimenti, e limitazioni all'esercizio nel preminente interesse pubblico.
L'apertura delle farmacie non era più discrezionale, ma avveniva sulla base della pianta organica delle sedi farmaceutiche.
La legge del 1913 mantenne la separazione tra titolarità dell'azienda e conduzione professionale della stessa, con la figura del farmacista direttore responsabile che sostituisce il titolare non farmacista (art. 378, R.D. n. 1265/1934) o temporaneamente impedito, con alcune limitazioni (art. 31, R.D. n. 1706/1938).
Al titolare è consentito di operare in regime di monopolio assoluto nel settore dei farmaci, prezzo al pubblico, unico e inderogabile e con margine anch'esso fissato garantito per legge.
Giolitti introdusse anche l'intervento pubblico nel settore farmacia, mediante la gestione da parte dei Comuni, che erano autorizzati ad attivarle ogni qual volta se ne determinasse l'esigenza, in maniera del tutto discrezionale, anche al di fuori dei limiti imposti dalla pianta organica.
Al fine di salvaguardare i diritti precostituiti, furono emanate delle norme transitorie e le farmacie divise in:
- farmacie legittime, cioè sorte in conformità alle leggi degli Stati preunitari e che potevano continuare l'esercizio;
- farmacie illegittime, cioè sorte in violazione dell'ordinamento preesistente, e che risultavano in contrasto anche con le nuove disposizioni. Queste farmacie dovevano essere chiuse;
- farmacie tollerate, che pur essendo in difformità delle leggi preunitarie, potevano essere considerate conformi alle linee d'indirizzo della legge del 1913. Queste farmacie erano autorizzate a continuare l'esercizio.
Al fine di salvaguardare il diritto di proprietà, acquisto dei titolari sulla base delle leggi precedenti, le farmacie legittime e quelle tollerate potevano essere vendute una sola volta.
A seguito della vendita, anche queste farmacie perdevano il diritto di trasferimento, conformandosi al principio generale stabilito da Giolitti che vietava la compra-vendita, divenendo farmacie di diritto ordinario come tutte le altre.
Anche nel caso del figlio o del coniuge del titolare deceduto, non era consentita la successione diretta, ma la farmacia doveva essere posta a concorso, anche se solo formale, poiché una disposizione particolare prevedeva che la condizione di figlio o coniuge superstite, purché farmacista, fosse titolo di preferenza assoluto. Se il figlio o coniuge erano iscritti al corso di laurea in farmacia, questi potevano continuare a gestire la farmacia, purché nominassero un direttore tecnico responsabile farmacista fino al compimento degli studi universitari.
RIFORMA MARIOTTI (L. 2 aprile 1968, n. 475)
L'ordinamento Giolitti restò in vigore sino al 1968, quando le leggi n. 221/1968 (Provvidenze a favore dei farmacisti rurali) e n. 475/1968 (Norme concernenti il servizio farmaceutico.), apportarono diverse e sostanziali modifiche all'istituto della farmacia.
Tale riforma reintroduce la facoltà di trasferire le farmacie, condizionandola però ad un insieme di vincoli e limitazioni successivamente modificati:
1) il cedente deve aver conseguito la titolarità da almeno cinque anni (oggi tre anni); una volta ceduta la farmacia, ne può riacquistare un'altra entro due anni e per una sola volta nella sua vita; non può partecipare a concorsi per dieci anni.
La legge n. 362/1991 ha modificato tale norma ammettendo che trascorsi i due anni dalla vendita della farmacia possa ancora acquistare una farmacia purché abbia svolto attività professionale certificata per almeno sei mesi durante l'anno precedente l'acquisto o abbia conseguito l'idoneità in un concorso a sedi farmaceutiche effettuato nei due anni anteriori (art. 13, legge n. 362/1991);
2) l'acquirente deve esser stato già in passato titolare, o deve aver conseguito "l'idoneità alla titolarità" in un concorso pubblico per l'assegnazione di sedi farmaceutiche, cioè deve aver superato la relativa prova.
Con tale riforma è stabilito il diritto di vendere una concessione dello Stato conseguita per concorso.
Il trasferimento era all'inizio consentito solo ai privati, mentre era vietato per le farmacie comunali (Cons. Stato, Sez. IV, 23 ottobre 1984, n. 217).
Nel 1991 è stata definitivamente chiarita la vendibilità anche delle farmacie gestite dal Comune.
Le leggi del 1968 riaffermano quanto stabilito dalla riforma Giolitti:
• attività primaria dello Stato gestita direttamente attraverso l'intervento degli Enti locali, o delega ai privati per l'esercizio in regime di concessione;
• subordinazione speciale nei confronti della pubblica Amministrazione;
• prevalenza assoluta degli elementi pubblicistici, cioè inerenti al pubblico interesse, su quelli privatistici;
• territorializzazione del sistema mediante lo strumento della pianta organica.
L'intervento pubblico, del tutto discrezionale nell'ordinamento precedente, è ricondotto nell'ambito della pianta organica, mediante il diritto di prelazione da parte dei Comuni sul 50% delle farmacie da porre a concorso.
Tale facoltà è oggi sospesa per tre anni in caso di vendita della farmacia.
La gestione della farmacia deve essere diretta personalmente da parte del titolare; questo principio è poi integrato dal precetto dell'inscindibilità della gestione professionale della farmacia dalla conduzione economica della stessa, perciò ogni ipotesi di sostituzione coinvolge necessariamente i beni patrimoniali connessi all'esercizio (art. 14, DPR n. 1275/71).
La conduzione economica, inscindibile dalla gestione professionale, non deve essere confusa con la piena disponibilità d'ogni bene patrimoniale connesso con l'azienda, quindi essa può assumere le sole forme e i modi atti ad assicurare le attività inerenti all'esercizio della farmacia.
E' legittima l'associazione in partecipazione (Cass. Civ. sez. I, 20 febbraio 1979, n. 550) e la società di persone (legge n. 362/1991).
Il concorso non è più espletato per soli titoli (riforma Giolitti), ma per titoli ed esami, con prevalenza di questi ultimi nella determinazione del punteggio, e con una maggiorazione del punteggio nella valutazione dei titoli per quei farmacisti che abbiano prestato la loro opera nelle farmacie rurali, proporzionato al loro livello professionale.
RIFORMA SANITARIA (L. 23 dicembre 1978, n. 833)
La legge n. 833 del 23 dicembre 1978 stabilisce che i rapporti fra farmacie pubbliche e private con S.S.N. sono disciplinate da una Convenzione (Accordo Nazionale triennale), liberamente sottoscritto in condizioni di pariteticità, sebbene a valenza pubblica.
La legge di riforma (art. 28, legge n. 833/78) riafferma un principio già contenuto nell'articolo 122 del R.D. n. 1265/1934, cioè l'attribuzione esclusiva al farmacista e alla farmacia d'ogni competenza e funzione nella dispensazione dei farmaci al pubblico.
Difatti, nel dare facoltà alla USL, ai suoi presidi e servizi, di acquistare direttamente medicamenti dal produttore, in deroga alla disciplina generale (art. 46, RD n. 1706/1938), vieta agli stessi ogni forma di distribuzione al pubblico, che deve continuare ad essere effettuata esclusivamente tramite le farmacie (TAR Sardegna, 29 ottobre 1982, n. 392).
LEGGE 22 DICEMBRE 1984 N. 892
La legge n. 892 del 1984 ha apportato, anche in materia di farmacie, modifiche significative che possono essere così riassunte:
1. L'idoneità alla titolarità, requisito indispensabile all'acquisto o al trasferimento per successione, diventa conseguibile sia partecipando ad un pubblico concorso e superando la relativa prova (unico regime prima vigente), oppure mediante due anni di pratica professionale certificata dall'Autorità Sanitaria Locale.
2. Il periodo in cui il farmacista che abbia ceduto la propria farmacia, può ricomprarne un'altra. Per una sola volta nella sua vita, è elevato da uno a due anni.
Il periodo di gestione provvisoria in caso di morte del titolare, qualora il figlio o il coniuge superstite risultino iscritti alla Facoltà di Farmacia è portato da sei a sette anni (periodo portato a 10 anni dalla legge n. 362/1991).
3. Poiché non è più precisato che l'erede debba risultare iscritto alla facoltà "alla data del decesso" del titolare, questa condizione può essere soddisfatta anche nel tempo successivo, purché entro i tre anni dalla morte del titolare.
4. Il limite della distanza dalla farmacia più vicina, in caso d'adozione del criterio topografico, per la formazione o revisione della pianta organica, è elevato da 500 a 1000 metri.
5. Se la Regione non provvede a bandire il concorso per l'assegnazione delle sedi farmaceutiche resesi vacanti o di nuova istituzione, entro il mese di marzo d'ogni anno dispari, il Commissario di governo, previa diffida, nomina un commissario straordinario (dichiarato incostituzionale Corte Cost. sent. N. 352 del 23 luglio 1992).
LEGGE DI RIORDINO DEL SETTORE FARMACEUTICO (L. 8 novembre 1991, n. 362)
La Legge n. 362/1991 apporta alcuni correttivi ai principi introdotti da Mariotti.
La titolarità della farmacia, oltre alle persone fisiche, è estesa anche alle società di persone, e alle società cooperative, sebbene con vincoli precisi e purché tutti i soci siano farmacisti iscritti all'Albo e idonei alla titolarità.
La partecipazione in società è incompatibile:
a) con qualsiasi altra attività esplicata nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione e informazione scientifica del farmaco;
b) con la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia;
c) con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato.
Viene mantenuta la pianta organica e ne sono modificati alcuni criteri di formazione con particolare riguardo all'introduzione di quello urbanistico relativo al decentramento delle farmacie.
Il rapporto farmacie-popolazione residente che determina la presenza di una farmacia ogni 4000 abitanti o ogni 5000 è sceso da 25.000 a 12.500 abitanti.
In base all'art. 1 della legge 8 marzo 1968, n. 221, recante "provvidenze a favore dei farmacisti rurali", sono definite urbane le farmacie situate in Comuni o centri abitati con popolazione superiore a 5.000 abitanti.
Le farmacie rurali sono invece quelle ubicate in Comuni, frazioni o centri abitati con popolazione non superiore a 5.000 abitanti.
Tale classificazione permane con tale legge di riordino, così come permane l'indennità di residenza, divisa in tre fasce, per quelle farmacie che sono ubicate in Comuni sino a 3.000 abitanti.
Le ipotesi di sostituzione del titolare vengono ampliate così come le norme relative alla successione che prevedono un'estensione del periodo di gestione provvisoria che può intercorrere tra la morte del titolare e l'assegnazione della nuova titolarità.
Il periodo per l'erede iscritto alla facoltà di farmacia è esteso da sette a dieci anni e viene introdotta la possibilità per l'erede in linea retta fino al secondo grado (nonno-nipote) di mantenere la farmacia fino al compimento del trentesimo anno di età.
Infine le procedure di concorso vengono radicalmente modificate.
L'art. 2 della nuova legge - sostituendo il nuovo testo dell'art. 104 del R.D. n. 1265/1934, già modificato dall'art. 4 della legge n. 892 del 1984 - stabilisce espressamente che il limite di distanza per l'apertura di nuove farmacie in base al cosiddetto criterio topografico (o della distanza) è derogatorio rispetto al criterio demografico o della popolazione.
In base a tale norma, allorché lo richiedono particolari esigenze dell'assistenza farmaceutica, in rapporto alle condizioni topografiche e di viabilità, le Regioni o le Province autonome possono autorizzare l'apertura di nuove farmacie nel rispetto di un limite di distanza per la quale la farmacia di nuova istituzione disti almeno 3.000 metri dalle farmacie esistenti, anche se ubicate in Comuni diversi.
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