ACCONCIATORE - ESTETISTA - GIURISPRUDENZA
GIURISPRUDENZA
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1. CENTRO ESTETICO ALL'INTERNO DI UNA FARMACIA - INTERVENTO DEL TAR DEL LAZIO
E' possibile esercitare l'attività di estetista all'interno di una farmacia? Nessuna norma lo vieta espressamente!
Una volta rispettate le condizioni prescritte per l’esercizio dell’attività di estetista – quali la separazione materiale dei locali ed il possesso dei richiesti requisiti igienico-sanitari – nulla osta alla facoltà per le farmacie di esercitare al loro interno attività di estetista per mezzo di personale qualificato ed in possesso dei prescritti requisiti.
Questo è quanto sostenuto dal TAR del Lazio, nella Sentenza n. 5036, depositata il 20 maggio 2013.
Il fatto. Una farmacia presenta al Comune una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) di estetista da esercitarsi all'interno della farmacia e contestualmente richiede alla ASL di competenza il nulla osta attestante la conformità dei locali destinati all'esercizio dell'attività di estetista.
La ASL ha esitato l’istanza comunicando di non poter procedere in ordine alla stessa per l’assenza di un esplicito dettato normativo che attribuisca alle farmacie la facoltà di poter svolgere l’attività artigianale di laboratorio di estetica e il COMUNE, richiamando in proposito il parere contrario della ASL, vincolante per l’attività in questione, ha comunicato l’inefficacia della SCIA in quanto la normativa vigente non prevede la possibilità di esercitare l’attività di estetica all’interno di una farmacia, richiamando in proposito il parere contrario della ASL, vincolante per l’attività in questione.
Secondo il TAR entrambi gli atti risultano illegittimi in quanto basati sull’erroneo rilievo della esistenza di un disposto normativo preclusivo allo svolgimento dell’attività di estetista in appositi locali all’interno di una farmacia.
Sebbene la disciplina regolamentare non preveda espressamente la possibilità di esercizio dell’attività di estetista presso le farmacie, non può annettersi a tale mancata previsione valenza ostativa a detta possibilità, dovendo ritenersi l’elenco delle attività presso i cui locali può essere svolta l’attività di estetista di carattere meramente esemplificativo, e non esaustivo, tenuto conto della locuzione di chiusura, ivi contenuta, riferita ad "altre strutture similari", che attesta la natura non tassativa dell’elencazione ed il carattere aperto della tipologia di attività che possono essere svolte congiuntamente con quella di estetista.
Il riferimento ad "altre strutture similari" non consente, difatti, di annettere a tale previsione regolamentare carattere circoscritto alle sole attività ivi espressamente indicate, posto che laddove tale fosse stata l’intenzione del normatore non vi sarebbe stata ragione alcuna per inserire siffatta locuzione che, invece, chiaramente depone per il carattere non tassativo dell’elencazione, dovendo pertanto la compatibilità tra lo svolgimento dell’attività di estetista ed altre attività – diverse da quelle esplicitamente indicate – essere accertata di volta in volta, tenuto conto della ratio della norma e dei caratteri di affinità e di similitudine che diverse attività presentino con quelle elencate.
Deve inoltre ritenersi che l’opzione ermeneutica adottata dalle resistenti Amministrazioni – secondo cui è vietato tutto ciò che non è consentito dal Regolamento – contrasti con la ratio di liberalizzazione delle attività commerciali sottesa alla normativa primaria nel tempo sopravvenuta, come dettata dal decreto legge n. 138 del 2011, ai sensi del quale deve intendersi consentita qualsiasi attività economica privata non espressamente vietata dalla legge, e dal decreto legge n. 201 del 2011, sulla cui base devono intendersi abrogate tutte le norme che impongono divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite, con conseguente necessità di adottare un’interpretazione restrittiva delle disposizioni che recano limiti o divieti.
- Si riporta il testo della Sentenza:
. Amministrativo Regionale per il Lazio - Sezione Seconda - Sentenza n. 5036, depositata il 20 maggio 2013.
2. APPARECCHI ELETTROMECCANICI UTILIZZATI PER L'ATTIVITA' DI ESTETISTA – Il Consiglio di Stato dichiara incompleto l’elenco approvato nel 2011
L'esclusione degli “stimolatori a ultrasuoni a bassa frequenza per il trattamento della adiposità localizzata, della luce pulsata per foto depilazione … e del laser per la depilazione estetica” dalla lista degli apparecchi che è possibile utilizzare nei centri estetici per trattare cellulite ed effettuare la depilazione non è legittima. Dunque, l'elenco approvato con decreto del ministro dello sviluppo economico, di concerto con il ministero della salute 12 maggio 2011 n. 110, in attuazione della legge n. 1/1990 che disciplina l'esercizio dell'attività di estetica, va integrato.
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, Sezione VI, con la Sentenza n. 1417, depositata il 24 marzo 2014.
Il parere del Consiglio superiore di sanità del giugno 2010, che è stato alla base della modifica regolamentare, secondo il Consiglio di Stato conteneva <7>«significativi elementi di contraddittorietà» che hanno giustificato il ricorso della impresa la quale si era vista negare la possibilità di utilizzare le attrezzature che fino al giorno prima venivano abitualmente impiegate in azienda.
In particolare, precisa la sentenza, va osservato che nel parere sanitario da un lato sono state espresse perplessità riguardo ad alcuni strumenti (quelli, appunto, poi oggetto delle contestate limitazioni d'uso) impiegati dall'estetista con la motivazione che si tratterebbe di apparecchi intrinsecamente pericolosi per la salute umana, dall'altro tuttavia non erano stati evidenziati studi clinici o scientifici ovvero una casistica capace di corroborare l'assunto della pericolosità degli strumenti stessi.
Inoltre, ulteriore e concorrente elemento di contraddittorietà era rappresentato dal fatto che, nel suddetto parere, era stata sostenuta una inadeguata preparazione professionale dell'estetista e, a tal proposito, si auspicava un ragionevole incremento delle attività formative di tale categoria professionale. Ma, secondo il Consiglio di stato, è tutto da rivedere se la prospettata pericolosità degli strumenti in uso alle estetiste era da ravvisare, più che nei dispositivi in sé considerati, nella non adeguata professionalità degli esercenti l'attività professionale.
- Si riporta il testo della Sentenza:
. CONSIGLIO DI STATO - Sezione VI - Sentenza n. 1417, depositata il 24 marzo 2014..
3. LETTINI ABBRONZANTI - Per il Consiglio di Stato è attività riconducibile all'attività di estetista
Secondo il Consiglio di Stato (Sez. V - Sentenza del 4 agosto 2014, n. 04132), ai sensi dell'art. 1, legge 4.1.1990, n. 1, tuttora in vigore, la messa a disposizione della clientela di un lettino abbronzante è riconducibile all'attività di estetista, in quanto consiste in una prestazione o trattamento eseguito sulla superficie del corpo umano con apparecchi elettromeccanici per uso estetico e richiede l'ottenimento di un'autorizzazione comunale, rilasciata previa verifica della qualifica professionale degli addetti alle apparecchiature al fine di tutelare la salute e la sicurezza di coloro che si sottopongono al trattamento abbronzante.
La stessa legge prevede, all'art. 10, comma 1, l'emanazione da parte del Ministro dell'industria di un decreto recante norme dirette a determinare le caratteristiche tecnico-dinamiche ed i meccanismi di regolazione, nonché le modalità di esercizio e di applicazione e le cautele d'uso degli apparecchi elettromeccanici di cui all'elenco allegato alla legge; ebbene, il previsto decreto di attuazione ha incluso le lampade abbronzanti Uva, senza operare distinzioni di sorta fra macchinari di maggiore o minore semplicità di utilizzo.
Come peraltro ha specificato anche di recente la Cassazione civile (Sez. III, 2 marzo 2012, n. 3244), la messa a disposizione della clientela di lampade Uva è riconducibile all'attività di estetista, in quanto questa consiste in una qualsiasi prestazione o trattamento eseguito sulla superficie del corpo umano, non solo con tecniche manuali, ma anche con apparecchi elettromeccanici per uso estetico, e richiede l'ottenimento di un'autorizzazione comunale rilasciata previa verifica della qualifica professionale degli addetti alle apparecchiature al fine di tutelare la salute e la sicurezza di coloro che si sottopongono al trattamento abbronzante.
Tra l'altro, non manca di rilevare il Consiglio di Stato, come la possibilità del cliente di accendere, applicarsi e spegnere il macchinario, non significa che tale macchinario sia a disposizione dell'utenza in una sorta di "fai da te". Anche a voler ammettere che i macchinari di bellezza potrebbero essere acquistati direttamente da qualsiasi cliente ed utilizzati a domicilio, ciò non toglie che quando il cliente stesso decida di servirsi di quei medesimi macchinari all'interno di un centro che comunque si rivolga alla cura della persona, egli è autorizzato a presumere una specializzazione professionale in capo al personale che gestisce i locali (altrimenti correndo il rischio, per la propria inesperienza, di arrecare danno a se stesso per il non adeguato uso del macchinario).
Peraltro, non rileva neppure il fatto che quei macchinari siano all'interno di un circolo privato in quanto nella sostanza, offrendo ai soci un trattamento estetico a tutti gli effetti, si pone in essere un’attività che è assimilabile all’esercizio al pubblico di un attività protetta per ragioni di salute e di sicurezza il cui esercizio resta subordinato, per legge, alla sussistenza delle condizioni dell’esistenza di un soggetto munito del titolo professionale di estetista e dell’ottenimento di specifica autorizzazione amministrativa.
Del resto, la qualificazione professionale di estetista si intende acquisita mediante il superamento di un esame, preceduto dallo svolgimento di un apposito corso, nell'ambito del quale una delle materie fondamentali di insegnamento tecnico-pratico riguarda, per l'appunto, gli apparecchi elettromeccanici (cfr. art. 6, comma 3, lett. f), legge n. 1/1990).
Situazione diversa – che però non potrebbe consentire l’elusione delle disposizioni pubblicistiche – potrebbe prospettarsi nell’ipotesi in cui ciascun socio si porti da casa la propria lampada abbronzante. Nel caso di specie, l’offerta indistinta di lampade Uva concreta nella sostanza un’attività estetica, a prescindere dalla forma giuridica con la quale viene posta in essere, attività che incorre in concreto nelle disposizioni stabilite dalla legge e sopra indicate.
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Copyright © by TuttoCamere.it All Right Reserved. Pubblicato su: 2019-01-29 (914 letture) [ Indietro ] |