PANIFICAZIONE - LA PRODUZIONE E IL COMMERCIO DI PANE - MOLINI E FRANGITUTTO
L’ESERCIZIO DELLA PANIFICAZIONE PRIMA DELLA RIFORMA
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Definizioni
Pane: prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di cloruro di sodio.
Impianto di panificazione: è il laboratorio adibito alla produzione di pane, inteso come insieme funzionale di locali, macchine, attrezzi ed impianti tecnici di servizio.
Secondo quanto stabiliva gli articoli 2 e 3 della legge n. 1002/56, per esercitare l’attività di panificazione, prima della riforma, era necessaria sia l’autorizzazione che la licenza di esercizio, rilasciate entrambe dalla Camera di Commercio.
Apertura di nuovi impianti e rilascio dell'autorizzazione
I panifici di nuovo impianto erano soggetti ad autorizzazione rilasciata dalla Camera di Commercio della Provincia competente per territorio.
La Camera di Commercio, per porre in atto il procedimento amministrativo che conduceva al rilascio di una licenza per un nuovo impianto, era assistita dal parere di una apposita Commissione provinciale costituita da:
a) due rappresentanti della Camera di Commercio;
b) un rappresentante dell'Associazione provinciale panificatori;
c) un rappresentante delle Organizzazioni sindacali degli operai panettieri;
d) un rappresentante del Comune interessato.
Acquisito il parere della Commissione provinciale, la Camera di Commercio si esprimeva al riguardo mediante un atto assunto dalla Giunta Camerale.
La decisione della Giunta regionale era atto definitivo, contro la quale era ammesso ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale.
Intervenuta una decisione favorevole, l'interessato doveva produrre, alla Camera di Commercio ove aveva sede l'impianto, apposita istanza intesa ad ottenere il rilascio della licenza di esercizio.
Il potere relativo al rilascio delle autorizzazioni alla installazione di nuovi impianti era conferito dalla legge esclusivamente alle Camere di Commercio.
Sopralluogo e rilascio della licenza
Per l'esercizio dei nuovi panifici, che avevano ottenuto l'autorizzazione, nonché per i trasferimenti e le trasformazioni dei panifici esistenti, la Camera di Commercio rilasciava la licenza di panificazione, previo accertamento della efficienza degli impianti e della loro rispondenza ai requisiti tecnici ed igienico-sanitari previsti dalle leggi e regolamenti vigenti in materia di igiene del lavoro.
Gli accertamenti dei requisiti tecnici ed igienico-sanitari erano effettuati da una apposita Commissione composta, per ciascuna Provincia, da un rappresentante della locale Camera di commercio, dell'Ispettorato del lavoro e dall'ufficiale sanitario competente per territorio.
La soppressione del visto annuale
L’art. 22 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, ha soppresso il visto annuale della Camera di Commercio alle licenze di panificazione.
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LE NOVITA’ INTRODOTTE DA SUCCESSIVI DECRETI
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1. LE NOVITA’ INTRODOTTE DAL DECRETO LEGGE N. 223/2006, CONVERTITO, CON MODIFICAZIONI, NELLA LEGGE N. 248/2006 IN MATERIA DI PANIFICAZIONE
L’articolo 4 detta disposizioni in materia di liberalizzazione dell’attività di panificazione, al fine di favorire la promozione di un assetto maggiormente concorrenziale ed assicurare una più ampia accessibilità dei consumatori ai relativi prodotti.
Già la Commissione Antitrust, nel 2002, aveva segnalato al Parlamento la necessità di rivedere la legge n. 1002 del 1956, in quanto la stessa si prestava ad applicazioni distorsive del mercato e della produzione e vendita di pane a livello provinciale.
Da quanto disposto all’art. 4 del decreto in questione, così come modificato dalla legge di conversione, si ricavano i seguenti cinque punti:
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono abrogate:
a) la legge 31 luglio 1956, n. 1002, la quale poneva un limite quantitativo alla produzione di pane e al numero dei panifici nei singoli Comuni e prevedeva, inoltre, un regime autorizzatorio in capo alle Camere di Commercio;
b) la lettera b), del comma 2 dell'articolo 22 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nella quale si stabiliva che l'esercizio dei nuovi panifici, i trasferimenti e le trasformazioni dei panifici esistenti, di cui all'articolo 3 della legge 31 luglio 1956, n. 1002 soggiacevano alla disciplina dell’art. 20 della legge n. 241/1990 (silenzio-assenso); l'eventuale provvedimento di diniego doveva essere comunicato nel termine di sessanta giorni.
2. L'impianto di un nuovo panificio ed il trasferimento o la trasformazione di panifici esistenti saranno soggetti a dichiarazione di inizio attività da presentare al Comune competente per territorio ai sensi dell'articolo 19 della legge n. 241/1990.
La dichiarazione dovrà essere corredata:
a) dall'autorizzazione della competente Azienda Sanitaria Locale in merito ai requisiti igienico-sanitari,
b) dall'autorizzazione alle emissioni in atmosfera,
c) dal titolo abilitativo edilizio,
d) dal permesso di agibilità dei locali, nonché
e) dall’indicazione del nominativo del responsabile dell’attività produttiva, che assicura l’utilizzo delle materie prime in conformità alle norme vigenti, l’osservanza delle norme igienico-sanitarie e di sicurezza dei luoghi di lavoro r la qualità del prodotto finito (comma 2).
Quanto disposto dalla lettera e) è stato aggiunto dalla legge di conversione.
3) E’ consentita ai titolari degli impianti di panificazione l’attività di vendita dei prodotti di propria produzione per il consumo immediato, utilizzando i locali e gli arredi dell’azienda, con l’esclusione del servizio assistito di somministrazione, con l’osservanza delle norme igienico-sanitarie (comma 2-bis).
Si tratta di una disposizione aggiunta dalla legge di conversione, che richiama quanto già disposto all’articolo 3, comma 1, lettera f-bis), ugualmente aggiunta nella fase di conversione.
4) I Comuni e le autorità competenti in materia igienico-sanitaria esercitano le rispettive funzioni di vigilanza (comma 3).
5) Le violazioni delle prescrizioni di cui sopra sono punite ai sensi dell'articolo 22, commi 1, 2, 5, lettera c), e 7, del D. Lgs. n. 114/1998 (comma 4).
In fase di conversione è stato anche aggiunto il comma 2-ter, nel quale si stabilisce entro dodici mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione (e precisamente entro il 12 agosto 2007), il Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministero della salute, dovrà emanare un decreto con il quale dovranno essere disciplinati le denominazioni “panificio”, “pane fresco” e “pane conservato”.
Dunque, decadono sia i riferimenti alla “densità” (rapporto tra volume di produzione reale dei panifici autorizzati ad insediarsi in una determinata località e il fabbisogno di pane della popolazione residente nella località stessa) e al “volume” di produzione (il quantitativo di pane che il forno produce), contenuti nella Circolare del Ministero dell’industria n. 161 del 18 luglio 1997.
Decade anche il vecchio sistema autorizzatorio in capo alle Camere di Commercio.
Le competenze sui panifici passano, dunque, dalle Camere di Commercio ai Comuni.
D’ora in poi per aprire un panificio basterà presentare una dichiarazione di inizio attività (DIA), ai sensi dell’art. 19 della legge n. 241/1990, da presentare al Comune attestando semplicemente il possesso dei requisiti igienico-sanitari, urbanistici e ambientali e indicando il nome del responsabile dell’attività produttiva.
Al momento della presentazione della denuncia di inizio attività si dovrà dunque essere in possesso:
a) dell'autorizzazione rilasciata dalla competente Azienda Sanitaria Locale in merito ai requisiti igienico-sanitari,
b) dell'autorizzazione alle emissioni in atmosfera,
c) del titolo abilitativo edilizio,
d) del permesso di agibilità dei locali,
e contemporaneamente si dovrà indicare una persona alla quale sarà affidata tutta la responsabilità dell’area produttiva e la vigilanza sul rispetto delle norme igienico-sanitarie e sulla qualità del prodotto finito.
In applicazione delle disposizioni di cui al nuovo articolo 19 della legge n. 241/1990, così come modificata dal D.L n. 35/2005, l’interessato, prima di aprire l’esercizio, dovrà attendere 30 giorni dalla data di presentazione della dichiarazione e quando ritiene di aprire dovrà inviare una ulteriore comunicazione al Comune informandolo dell’avvio dell’attività.
Il Comune, entro 30 giorni dalla data di effettivo inizio dell’attività, dovrà effettuare una verifica circa il possesso di tutti i requisiti richiesti; in caso di mancanza dei requisiti potrà imporre il blocco dell’attività.
. Se vuoi approfondire l’argomento e scaricare il testo del decreto-legge, coordinato con le modifiche apportate dalla legge di conversione, clicca QUI
2. LE NOVITA’ INTRODOTTE DAL DECRETO LEGISLATIVO N. 147/2012 IN MATERIA DI MOLINI
E’ stato pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale n. 202 del 30 agosto 2012 (Suppl. Ord. n. 177), il D. Lgs. 6 agosto 2012, n. 147, recante ”Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, recante attuazione della direttiva 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno”.
L'articolo 18 di tale decreto ha aggiunto l'articolo 80-sexies al D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 (di recepimento della direttiva servizi), nel quale si stabilisce che - < decorrere dal 14 settembre 2012 - l'esercizio dell'attività di impianto di un nuovo molino, trasferimento o trasformazione di molini esistenti e' soggetto alla segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA), da presentare con comunicazione unica (ComUnica), disciplinata dall'articolo 9 del D.L. n. 7/2007, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 40/2007, al Registro delle imprese che la trasmette immediatamente allo sportello unico per le attivita' produttive.
Il secondo comma del citato articolo 18 ha inoltre provveduto all'abrogazione:
1) della Legge 7 novembre 1949, n. 857;
2) del D.P.R. 18 aprile 1994, n. 386.
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3. 24 SETTEMBRE 2015 - PANIFICI E PANE FRESCO E A DURABILITA’ PROLUNGATA - Via libera della Conferenza Stato-Regioni ad un decreto atteso da oltre 9 anni
Le Regioni, nel corso della Conferenza Stato-Regioni che si è svolta il 24 settembre 2015, hanno espresso l'intesa sul decreto – atteso dal oltre nove anni - che contiene il regolamento che definisce le denominazioni di "panificio", "pane fresco" e "pane a durabilità prolungata".
Non si può, infatti, non ricordare che tale decreto è stato previsto dall’art. 4, comma 2-ter della L. n. 248 del 4 agosto 2006, di conversione del D.L. n. 223 del 4 luglio 2006, dove si stabiliva che “Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana un decreto … volto a disciplinare, in conformità al diritto comunitario”, la denominazione di «panificio», di «pane fresco» e l'adozione della dicitura «pane conservato».
All'articolo 2 si stabilisce che è denominato pane il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di cloruro di sodio o sale comune.
La denominazione di pane può essere integrata dalle seguenti denominazioni aggiuntive:
a) la denominazione di pane fresco è riservata in via esclusiva al pane che è stato preparato secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento, alla surgelazione o alla conservazione prolungata di materie prime e di impasti, ad eccezione delle tecniche mirate al solo rallentamento del processo di lievitazione senza additivi conservanti e altri trattamenti con effetto conservante. È ritenuto continuo il processo di produzione per il quale non intercorre un intervallo di tempo superiore a settantadue ore dall'inizio della lavorazione fino al momento della messa in vendita del prodotto;
b) la denominazione di pane di pasta madre è riservata al pane che è stato prodotto mediante l'utilizzo esclusivo, ai fini della fermentazione e della lievitazione dell'impasto, di pasta madre e senza ulteriori aggiunte di altri agenti lievitanti. Il pane che rientra anche nelle condizioni previste dalla lettera a) può essere denominato pane fresco di pasta madre;
c) la denominazione di pane con pasta madre è riservata al pane che è stato prodotto mediante l'utilizzo contestuale del lievito, in proporzioni variabili tra loro.
Il pane che rientra anche nelle condizioni previste dalla lettera a) può essere denominato pane fresco con pasta madre.
All'articolo 3 si stabilisce che è definito prodotto intermedio di panificazione l'impasto da pane crudo, preformato o no, lievitato o no, destinato alla conservazione prolungata e alla successiva cottura per l'ottenimento del prodotto finale pane.
È da considerare tale l'impasto sottoposto a congelamento, surgelazione o ad altri metodi di conservazione che mantengono inalterate le caratteristiche del prodotto intermedio per prolungati periodi di tempo, determinando un'effettiva interruzione del ciclo produttivo.
L'articolo 4 definisce i lieviti utilizzabili nella panificazione.
All'articolo 6 si stabilisce che è denominato panificio l'impianto di produzione del pane, degli impasti da pane e dei prodotti da forno assimilati, dolci e salati, che svolge l'intero ciclo di produzione a partire dalla lavorazione delle materie prime sino alla cottura finale.
L'avvio di un nuovo panificio e il trasferimento o la trasformazione di panifici esistenti sono subordinati alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), da presentare al comune competente per territorio ai sensi dell'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, corredata di:
a) autorizzazione della competente azienda sanitaria locale in merito ai requisiti igienico-sanitari;
b) autorizzazione alle emissioni in atmosfera;
c) titolo abilitativo edilizio e permesso di agibilità dei locali;
d) indicazione del nominativo del responsabile dell'attività produttiva.
È comunque facoltà del titolare del panificio vendere in aree pubbliche e allo stato sfuso i prodotti di propria produzione per il consumo immediato, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda con l'esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie.
Il pane fresco deve essere posto in vendita in scaffali distinti e separati rispetto al pane ottenuto dal prodotto intermedio di panificazione.
Il pane ottenuto mediante completamento di cottura di pane parzialmente cotto, surgelato o no, deve essere distribuito e messo in vendita, previo confezionamento ed etichettatura riportanti le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari, in comparti separati dal pane fresco e con le necessarie indicazioni per informare il consumatore sulla natura del prodotto.
All'articolo 8 si parla del "Responsabile dell'attività produttiva".
Il responsabile dell'attività produttiva, ovvero un suo collaboratore familiare, socio o lavoratore dipendente dell'impresa di panificazione, è designato dal legale rappresentante dell'impresa stessa all'atto della presentazione della SCIA.
Al responsabile dell'attività produttiva è affidato il compito di assicurare l'utilizzo di materie prime in conformità alle norme vigenti, l'osservanza delle norme igienico-sanitarie e di sicurezza dei luoghi di lavoro e la qualità del prodotto finito.
Il responsabile dell'attività produttiva deve essere individuato per ogni panificio e per ogni unità locale di un impianto di produzione presso il quale è installato un laboratorio di panificazione.
Il responsabile dell'attività produttiva è tenuto a frequentare un corso di formazione professionale, accreditato dalla regione o della provincia autonoma competente per territorio, il cui contenuto e la cui durata sono deliberati dalla giunta regionale o della provincia autonoma con apposito provvedimento.
È esonerato dal corso formativo il responsabile dell'attività produttiva che risulta già in possesso di uno dei seguenti requisiti:
a) aver prestato la propria opera per almeno tre anni presso un'impresa di panificazione, con la qualifica di operaio panettiere o con una qualifica superiore secondo la disciplina dei vigenti contratti collettivi di lavoro;
b) aver esercitato per almeno tre anni l'attività di panificazione in qualità di titolare, collaboratore familiare o socio prestatore d'opera con mansioni di carattere produttivo;
c) aver conseguito un diploma in materie attinenti, all'attività di pianificazione, incluso in un apposito elenco individuato dalla giunta regionale o della provincia autonoma;
d) aver ottenuto un diploma di qualifica di istruzione professionale in materie attinenti all'attività di panificazione, conseguito nell'ambito del sistema di istruzione professionale, unitamente a un periodo di attività lavorativa di panificazione di almeno un anno presso imprese del settore, di due anni qualora il diploma sia ottenuto prima del compimento della maggiore età;
e) aver conseguito un attestato di qualifica in materie attinenti all'attività di panificazione o il profilo di panificatore, in base agli standard professionali della regione o della provincia autonoma, rilasciato a seguito di un corso di formazione professionale, unitamente a un periodo di attività lavorativa di panificazione della durata di almeno un anno svolta presso imprese del settore.
All'articolo 10 si stabilisce che sono denominati pane fresco tradizionale di alta qualità:
a) i pani tradizionali tipici locali identificati dalle regioni ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, e del regolamento di cui al decreto del Ministro per le politiche sociali 8 settembre 1999, n. 350, riportati negli elenchi regionali e inseriti nell'elenco nazionale istituito dal citato regolamento;
b) i pani riconosciuti ai sensi della normativa dell'Unione europea in materia di denominazione di origine protetta, di indicazione geografica protetta e di specialità tradizionale garantita.
Le Regioni, su proposta delle associazioni territoriali di rappresentanza della categoria della panificazione aderenti alle organizzazioni imprenditoriali più rappresentative a livello nazionale, riconoscono i disciplinari di produzione dei pani di cui alla lettera a).
Nell'ambito delle iniziative volte alla valorizzazione e alla promozione dei prodotti agroalimentari, sono definiti annualmente, nel capitolo di spesa di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, appositi programmi finanziari volti a sostenere e a promuovere la produzione e la commercializzazione del pane fresco e del pane fresco tradizionale di alta qualità.
- Si riporta il testo della bozza del nuovo decreto:
. schema di decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali e il Ministro della Salute, recante il regolamento di definizione delle denominazioni di panificio, pane fresco e pane a durabilità prolungata.
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LA PROMOZIONE E LA VALORIZZAZIONE DEL PANE NEL TERRITORIO ITALIANO
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DALLA REGIONE PIEMONTE – RICONOSCIMENTO “Piemonte Eccellenza Artigiana”
La Regione Piemonte, con il D.G.R. n. 8-791 del 12 settembre 2005, ha approvato il Disciplinare per l'Eccellenza dell'Impresa Artigiana Alimentare - settore Panificazione.
Le imprese di questo settore possono dimostrare di produrre artigianalmente secondo quegli elementi essenziali che distinguono l'Eccellenza Artigiana dalla produzione seriale. Fondamentale è il rispetto di regole, comportamenti e quant'altro concorre a definire eccellente un'impresa che eserciti lavorazioni artigiane con responsabilità, equilibrio, gusto e con quella peculiarità che la rende unica nel difficile rapporto tra innovazione e tradizione.
Le tecniche di lavorazione e le attrezzature adottate non devono essere del tutto meccanizzate ed automatizzate ma si evidenzia la manualità quale elemento distintivo che consente di determinare la qualità finale della produzione e di differenziare l'impresa artigiana dall'impresa industriale.
La capacità e l'esperienza dell'artigiano sono infatti determinanti per governare il processo produttivo compatibilmente con il rispetto delle esigenze di stagionalità e del tempo al fine di mantenere costanti le caratteristiche morfologiche ed organolettiche.
. Se vuoi approfondire l’argomento e consultare il disciplinare e scaricare la modulistica necessaria per il riconoscimento di impresa dell'Eccellenza Artigiana Alimentare - Panificazione, clicca QUI
ASSOCIAZIONE PER LA PROMOZIONE E LA VALORIZZAZIONE DEL PANE DI MATERA - IGP
. Se vuoi scaricare il disciplinare di produzione del “Pane di Matera” - IGP, clicca QUI
CONSORZIO PER LA TUTELA DEL PANE DI ALTAMURA - CPA
Il «Pane di Altamura» è un prodotto di panetteria ottenuto dal rimacinato di semola di grano duro, ricavato dalla macinazione di grani duri delle varietà «appulo», «arcangelo», «duilio» e «simeto» prodotte nel territorio delimitato nel disciplinare di produzione, da sole o congiuntamente in ragione almeno dell'80%, purché prodotte nel medesimo territorio.
Il prodotto si ottiene secondo l'antico sistema di lavorazione che prevede l'uso di lievito madre o pasta acida — sale marino — acqua.
. Se vuoi visitare il sito del consorzio, clicca QUI
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L’INDUSTRIA MOLITORIA
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Definizioni
I molini per la macinazione dei cereali vengono classificati in:
a) molini ad alta macinazione, e
b) molini a bassa macinazione.
Sono molini ad alta macinazione i molini a cilindri automatici e semiautomatici che siano dotati:
1) di apparecchi completi per prepulitura, pulitura e lavatura del grano;
2) di macchinari idonei a selezionare gradualmente e progressivamente i prodotti e sottoprodotti della macinazione in modo da consentire la razionale utilizzazione dei cereali.
Sono molini a bassa macinazione i molini a palmenti ed a cilindri che, pur essendo dotati di idonei apparecchi di pulitura, non si trovano nella condizione di selezionare gradualmente e progressivamente i prodotti della macinazione.
I locali adibiti a deposito di cereali destinati alla produzione di sfarinati o ad altri scopi alimentari devono garantire la buona conservazione dei cereali stessi e rispettare le norme igienico sanitarie dettate dalla legge n. 283/1962 e dal relativo regolamento di esecuzione contenuto nel DPR n. 327/1980.
La licenza per l'esercizio dell'attività molitoria
Prima dell'intervenuta riforma, l'attivazione di impianti di macinazione presupponeva il rilascio di una autorizzazione da parte dell’allora Ministero dell'industria.
L'art. 8, comma 7-bis del D.L. 4 settembre 1987, n. 366, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 novembre 1987, n. 452 prevedeva, inoltre, il previo accertamento della «oggettiva necessità dei fabbisogni in relazione alla situazione generale dell'industria molitoria» da parte dell'Amministrazione.
L'autorizzazione doveva essere conseguita «anteriormente ad ogni iniziativa e prima di dar corso agli adempimenti previsti dalla legge 7 novembre 1949, n. 857», concernenti il rilascio della licenza di macinazione da parte della Camera di Commercio competente per territorio.
Il D.P.R. 18 aprile 1994, n. 386 è intervenuto per snellire la fase procedurale introducendo delle novità particolarmente rilevanti.
L'art. 2 del D.P.R. n. 386/94 stabilisce che «I soggetti che intendono procedere alla realizzazione di nuovi impianti di macinazione, ad ampliamenti o riattivazioni o a trasformazione di impianti, nonché ad operazioni di trasferimento o concentrazione, anteriormente ad ogni iniziativa e prima di dare corso agli adempimenti previsti dallalegge 7 novembre 1949, n. 857, ne danno comunicazione al Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato».
Entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, il Ministero dell'industria poteva vietare l'inizio dell'attività «indicando l'esistenza, nel caso esaminato, di un rischio oggettivo di pregiudizio derivante alla situazione economica nazionale del settore dell'industria molitoria».
Decorso infruttuosamente tale termine, il provvedimento inibitorio non poteva più essere adottato, configurandosi così un'ipotesi di silenzio-assenso.
Tale normativa è entrata in vigore il 15 dicembre 1994.
L’articolo 21 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112ha, successivamente, sancito la soppressione dell'autorizzazione per la realizzazione di nuovi impianti di macinazione, per l'ampliamento, la riattivazione e la trasformazione degli impianti di macinazione e operazione di trasferimento o concentrazione degli stessi, ai sensi del D.P.R. n. 386 del 1994.
L'art. 22 del medesimo decreto ha, inoltre, introdotto innovazioni alla legge n. 857/1949 attribuendo alle Camere di Commercio il rilascio della licenza di macinazione prima di competenza del Ministero dell’Industria.
L'esercizio dei molini, nonché il loro trasferimento e trasformazione, sono soggetti a licenza da rilasciarsi dalla Camera di Commercio, la quale, sentiti i pareri dell'Ispettorato del lavoro e dell'ufficiale sanitario, competenti per territorio, in merito ai requisiti tecnici ed igienico-sanitari previsti dalla presente legge e dalle leggi e regolamenti anche in materia di igiene del lavoro, procederà al rilascio della licenza entro 60 giorni.
Contro il parere negativo al rilascio della licenza è ammesso ricorso al TAR entro 60 giorni dalla data del provvedimento di diniego.
La documentazione da allegare viene indicata nel modello di domanda per il rilascio della licenza per l'esercizio dei molini.
Visto annuale
Diversamente da quanto previsto per le precedenti licenze di panificazione, per le quali l’art. 22 del D. Lgs. n. 112/1998 aveva soppresso il visto annuale della Camera di Commercio, le licenze di macinazione sono rimaste soggette all'apposizione del visto annuale da parte della Camera di Commercio, da effettuarsi entro il 31 gennaio di ogni anno.
Al fine di verificare l'andamento della situazione dell'industria molitoria nazionale, in ordine agli impianti tuttora in attività in rapporto alle esigenze di utilizzazione del frumento e dei relativi fabbisogni, il Ministero dell'industria, con varie Circolari, ha più volte invitato le Camere di Commercio a richiedere alle ditte, prima dell'apposizione del visto annuale della licenze, una dichiarazione sulla produttività degli impianti, attestante la quantità di frumento macinato nell'anno precedente ed attuare periodicamente un'attenta verifica di tutti i requisiti richiesti dalla legge per l'avvio dell'attività di macinazione, alla funzionalità e alla corrispondenza della capacità a quella effettivamente installata.
Nel caso le ditte non fossero in grado di fornire elementi sulle quantità di frumento macinato, la Camera di Commercio dovrà procedere al ritiro della licenza con opportuna segnalazione al Ministero dell'industria.
Violazioni e sanzioni
In relazione alle eventuali violazioni che dovessero essere riscontrate, in particolare per quanto riguarda molini con capacità di macinazione accertata superiore a quella consentita, il Ministero dell'industria si riserva di sospendere l'attività di macinazione fino a quando la posizione non sarà regolarizzata adeguandola alle vigenti disposizioni.
In caso di mancato rinnovo della licenza o di rinnovo in ritardo è prevista una sanzione da euro 25,00 a euro 2.582,00.
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I FRANGITUTTO
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I frangitutto provvedono alla molitura dei cereali per uso zootecnico.
Tale attività può essere svolta sia in sede fissa che in forma itinerante.
L'attività di frangitutto rientra necessariamente nelle norme previste dalla legge n. 857/49, riguardante la disciplina della macinazione, pertanto, anche l'attività dei frangitutto è soggetta a licenza da rilasciarsi dalla Camera di Commercio competente per territorio.
Tale licenza è anche soggetta all'apposizione del visto annuale da parte della Camera di Commercio, da apporsi entro il 31 gennaio di ogni anno.
La licenza relativa all'esercizio dei frangitutto viene rilasciata previa presentazione di una apposita istanza, in bollo, indirizzata alla Camera di Commercio competente per territorio.
Alla domanda dovranno essere allegati i documenti riportati nell’apposito modello di richiesta della licenza.
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RIFERIMENTI
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APPENDICE NORMATIVA NORMATIVA EUROPEA E NAZIONALE
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. Legge 7 novembre 1949, n. 857: Nuova disciplina delle industrie della macinazione e della panificazione. (Legge abrogata dall'art. 18, comma 2, D.Lgs. 6 agosto 2012, n. 147 (G.U. n. 202 del 30 agosto 2012) - In vigore dal 14 settembre 2012).
. Legge 31 luglio 1956, n. 1002: Nuove norme sulla panificazione.
(Legge abrogata dall'art. 4, comma 1 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 - In vigore dal 4 luglio 2006, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 agosto 2006, n. 248 - In vigore dal 12 agosto 2006).
. D.P.R. 18 aprile 1994, n. 386: Regolamento recante disciplina del procedimento di autorizzazione preventiva per la realizzazione di nuovi impianti di macinazione, ampliamenti, riattivazioni o trasformazioni di impianti, nonchè per le operazioni di trasferimento o concentrazione. ( Decreto abrogato dall'art. 18, comma 2, D.Lgs. 6 agosto 2012, n. 147 (G.U. n. 202 del 30 agosto 2012) - In vigore dal 14 settembre 2012).
. MINISTERO DELL'INDUSTRIA - Circolare n. 161 del 18 luglio 1997: Istruzioni relative agli adempimenti in materia di panificazione di cui alla legge n. 1002 del 1956.
. REGOLAMENTO (UE) N. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione.
. MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO - DECRETO 1 ottobre 2018, n. 131: Regolamento recante disciplina della denominazione di «panificio», di «pane fresco» e dell'adozione della dicitura «pane conservato». .
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APPENDICE NORMATIVA NORMATIVA REGIONALE
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. REGIONE AUTONOMA FRIULI-VENEZIA GIULIA - DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE 31 ottobre 2013, n. 208: Legge regionale n. 12/2002, art. 36. Regolamento per l'attivita' di panificazione di cui all'articolo 36, comma 2 della legge regionale n. 12/2002 (Disciplina organica dell'artigianato).
. REGIONE AUTONOMA FRIULI-VENEZIA GIULIA - DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE 31 ottobre 2013, n. 208 - Regolamento.
Il regolamento dà disposizioni in materia di pane fresco e conservato, panifici, impianti di panificazione e cottura, e modalità di vendita. Inoltre viene riconosciuta la denominazione di “Forno di qualità” assegnata al panificio iscritto all’Albo Imprese Artigiane (A.I.A.) che produce e commercializza pane fresco ed è in possesso della certificazione di qualità secondo le norme UNI EN ISO 9001:2008 o di altra certificazione di processo o di prodotto rilasciata da un Ente terzo certificatore.
. REGIONE LOMBARDIA - L.R. 7 novembre 2013, n. 10: Disposizioni in materia di promozione e tutela della attività di panificazione.
. REGIONE LOMBARDIA - L.R. n. 10/2013 - Nota esplicativa.
. REGIONE LOMBARDIA - Comunicazione del responsabile dell'attività di panificazione, Ai sensi dell’articolo 4 della Legge Regionale n° 10 del 07/11/2013.
L’individuazione di un responsabile deve avvenire per ogni panificio e per ogni unità locale di un impianto di produzione ove è presente il laboratorio di panificazione.
La norma appare essere precisa e dettagliata nel legare la presenza del responsabile ai luoghi di produzione, siano essi panifici o laboratori o impianti senza però distinguere se il ciclo di produzione debba intendersi completo o anche parziale.Pertanto, secondo un’interpretazione letterale, il responsabile deve essere individuato in ogni locale in cui vi sia una produzione di pane, in ciclo completo o parziale o in più cicli diversi seppur in capo alla medesima persona giuridica.
Secondo tale esplicito dettato normativo, pare quindi essere esclusa da questo obbligo solo la mera commercializzazione.
Con riferimento a tale requisito, anche nel caso di ditta individuale (dove il responsabile potrebbe ben coincidere con il titolare), è obbligatoria la comunicazione al SUAP del nominativo del RT ai fini dell’annotazione nel Registro delle imprese.
La comunicazione del nominativo del RT, per le attività già in essere, dovrà essere effettuata entro il 25 maggio (180 gg dall’entrata in vigore della presente legge).
La comunicazione, trasmessa direttamente al SUAP o all’Agenzia per le Imprese (accreditate dal Ministero dello Sviluppo Economico), dovrà essere da questi ultimi inoltrata esclusivamente attraverso piattaforma telematica alle Camere di Commercio di competenza.
Per tale comunicazione non dovrà essere pagata alcuna imposta e alcun diritto.
. REGIONE PIEMONTE - L.R. 16 luglio 2013, n. 14: Norme in materia di panificazione.
. REGIONE VENETO - L.R. 24 dicembre 2013, n. 36:
Disposizioni in materia di produzione e vendita di pane.
. REGIONE VENETO -DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE n. 305 del 11 marzo 2014: Presentazione progetti per Responsabile dell'Attività Produttiva per imprese di panificazione - L.R. 36 del
24/12/2013.
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Copyright © by TuttoCamere.it All Right Reserved. Pubblicato su: 2006-12-17 (18584 letture) [ Indietro ] |